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Federica Angeli: il film A Mano Disarmata, non sarà né Suburra né Gomorra

‌Federica Angeli: il film A Mano Disarmata, non sarà né Suburra né Gomorra.. 

L’incontro con Federica Angeli è di quelli speciali in tutti i sensi, prendere accordi con lei che vive da anni sotto scorta è solo il primo passo. 

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Apuntamento al Pontile di Ostia, un luogo aperto dove la scorta può facilemente supervisionare. Arrivano due auto, i primi a scendere dalle auto sono gli uomini della scorta e poi Federica che è un po’ in ritardo. La piccola è dovua uscire prima da scuola e la scorta l’è andata a prendere, insieme alla mamma. Ecco il perchè di due auto.

In un solo minuto si capisce già molto di quello che significa per Federica Angeli vivere sotto scorta, una mamma che vuole essere “normale” a tutti i costi, ma che di “normale” ha poco. Il coraggio di raccontare la mafia ad Ostia le costa molto, ma le regala anche grandi soddisfazioni.

Mentre ci prepariamo all’intervista, un ragazzo si avvicina e immediatamente gli uomini della scorta lo bloccano. Un falso allarme, anzi, il giovane passante ha riconosciuto Federica Angeli e si avvicina per farle i complimenti e stringerle la mano. Se per alcuni Federica rappresenta un “fastidio”, per la maggior parte delle persone che vivono lì è una eroina, quasi una Star: “Fino a 5 anni fa, quando ero completamente in solitudine, la gente quando mi vedeva invece di darmi la mano cambiava marciapiede…”. L’uscita del film, tratto dal suo libro “A Mano Disarmata”, sarà un modo per far comprendere che si può essere straordinari essendo normali.

Infatti, prima di accettare la trasposizione cinematografica della sua storia, Federica si è accertata che il film raccontasse la realtà di quello che le è accaduto, senza sconfinare in una fiction, né Suburra né Gomorra.

Federica Angeli, possiamo dire che sei l’emblema della lotta alla mafia, “l’Angelo custode”di Ostia? Sei nata e cresciuta ad Ostia, com’è viverci?

Ostia è un Paradiso abitato da diavoli! Se ne parla sempre male, tra l’altro ho cominciato proprio io, ma è un posto meraviglioso… Lottare e rimanere sul territorio, per me, ha un significato strategico. Si lotta restando sul posto, ma sono sono anche affezionata a Ostia. 

Quali sono i tui ricordi da bambina?

Sono ricordi di allegria, di gioia, di festa. Proprio qui al Pontile, ricordo quando i miei genitori mi portavano alle feste in maschera, era il punto di ritrovo delle famiglie e ancora in parte lo è… Ostia ha delle grandi potenzialità, purtroppo a capirne il valore è stata per prima la mafia, ma adesso la situazione si sta ribaltando.

A che punto è la lotta alla mafia? Come sta reagendo la popolazione?

Ostia è stata per troppo tempo dimenticata da tutti. Quando per troppo tempo lo Stato è assente, l’anti-stato si fa Stato. Adesso siamo in una fase molto critica, le persone stanno scegliendo di rialzare la testa. Hanno capito che non basta la repressione delle operazioni di Polizia, serve anche uno scatto di orgoglio. E’ questa la fase in cui i cittadini devono fare il salto di qualità. 

La cronaca evidenzia gli aspetti negativi del quartiere, eppure negli anni ’50 e ’60 era molto frequentata dal cinema, un set naturale. Ancora oggi viene scelta per tanti film e serie Tv…

E’ vero,  un territorio vastissimo, a due passi dall’aeroporto e con un lungomare straordinario, fatta eccezione per il lungomuro per il quale ci sono già dei progetti di riqualificazione, per permetterci di vedere il mare dalla strada. Non dimentichiamo che questo è il mare della Capitale, l’affaccio sul Mediterraneo. Non solo, c’è tanta vita, ci sono le discoteche per i ragazzi, tanti locali e punti di ritrovo. Manca solo lo scatto di capire che lo Stato se ne deve riappropriare. 

La cronaca spesso però si accanisce e sembra che Ostia sia, anche per i romani, un posto pericoloso, è davvero così?

Fino a qualche tempo fa l’aria qui era davvero irrespirabile. Si percepiva, arrivando qui e vivendoci, un clima da cittadina del sud. I giornali, compresa me, hanno rappresentato una reltà che corrispondeva a quelle descrizioni. Quando si dice che ho ghettizzato Ostia dalndole l’etichetta di mafia, che tutti i cittadini sono mafiosi, si dice una grande bugia. Sono rimasta a vivere qui, sarei anche io mafiosa…

E’ il momento di rialzare la testa,  la mafia c’è stata ma adesso è KO! Ci sono in atto tanti progetti per riqualificate tutto il quartiere, per tornare ai tempi d’oro, tocca a noi adesso.

Qualcuno ha ipotizzato anche che dietro tanto accanmento mediatico ci siano anche delle speculazioni edilizie, che si ripetono ciclicamente…

Credo che Ostia segua l’andamento immobiliare italiano. Posso raccontare un episodio personale. Nel mio condominio c’era un appartamento in vendita, un potenziale acquirente ha rinunciato perchè ci abito io, quindi sarebbe stato pericoloso. In realtà essendo costantemente sotto scorta è forse più sicuro che altrove.  Un po’ come ai tempi di Falcone e Borsellino, quando i condomini si lamentavano che abitassero lì… corsi e rcorsi storici.

Si può dire che hai ripreso una vita “normale”, nonostante la scorta?

No, purtroppo. Per me la vita a Ostia da 5 anni, e chissà ancora per quanto tempo, sarà così. Questa è una fase particolare, perchè i clan avvertono di essere stati messi al tappeto. Dopo i sequestri, l’unica cosa che hanno da proteggere è la fama criminale e questo li rende più pericolosi. Per questo da poco hanno assegnato una scorta anche ai miei figli. 

Come vivono i tutoi figli la vita sotto scorta?

Fortunatamente quando mi hanno assegnato la scorta, nel 2013, erano molto piccoli e, sulla falsa riga de “La Vita è bella”, gli abbiamo raccontato la favola che la mamma aveva critto un bell’articolo e le avevano assegnato gli autisti. Crescendo poi hanno capito, ma con mio marito siamo riusciti a non fargli avvertire la paura. Quando poi sono stati arrestati, hanno visto il lieto fine come nelle favole. Non farli toccare dall’angoscia e dalla paura lo considero il mio successo più grande. 

Quello che ci stai racontando è parte del tuo libro, “A Mano Disarmata”, da cui sarà realizzato anche il film, cosa ti ha convita ad accettare che si facesse il film?

Ho accettato solo dopo l’assicurazione che il film non sarebbe stano nè Suburra, nè Gomorra.

Che passi l’idea che Ostia non ne esce sconfitta o legata ai clan ma che sia legata alla vittoria di una perona normale, di una giornalista, come me, che è riuscita a ribaltare una realtà. I “cattivi” ci saranno in poche scene, solo quelle funzionali al racconto. Lo scopo del film è dimostrare che se ce l’ho fatta io, chiunque può farcela, pur nelle mille difficoltà delle limitazioni della libertà. 

Chi sono gli interpreti?

Claudia Gerini, sarà me. Francesco Vnditti interpreta mio marito e Francesco Pannofino è il mio caporedattore a La Repubblica, con la regia di Claudio Bonivento. Sperando che il film valichi il territorio di Roma e che diventi un piccolo laboratorio da esportare in tutte quelle realtà dove ancora c’è la mafia. Se celha fatta Ostia a sconfiggere il cancro della mafia ce la possono fare tutti. 

Finalmente si parlerà d Ostia come un esempio virtuoso…

Parlare di mafia è stato importante per scoperchiare una realtà, ora basta! Abbiamo capito che c’è, è stata riconosciuta anche nei Tribunali, che non è un fenomeno che esiste solo al sud, che esiste una mafia che parla con l’accento romano. Da questa esperienza abbiamo capito anche che non è impossibile sconfiggerlo. 

Come diceva Borsellino, le mafie esistono ovunque, è la mentalità mafiosa che va sradicata.

Quello chediceva Borsellino è pertinente alla situazione di Ostia. Se un imprenditore balneare si rivolge al clan Spada per tutelare la sua attività, invece di rivolgersi a un istituto di vigilanza dello Stato, vuol dire che sei già entrato in quella mentalità mafiosa. Non è più il mafioso che ti impone la sua guardiania, ma sei tu che cerchi protezione nell’antistato. E’ questo lo scatto che va fatto, insieme ai cittadini deve esserci la presenza dello Stato inteso come Politica. Non è retorica, è quello che ho toccato con mano. 

Il prezzo che si paga per combattere la mafia è sempre altissimo, ma il messaggio che la mafia si può sconfiggere è un messaggio di ottimismo

Le esperienze di chi ha sacrificato la propria vita per la lotta alla mafia, le loro idee che hanno continuato a camminare sulle nostre gambe sono la dimostrazione che il loro sacrificio non è stato vano. Se prima ci sono voluti 20 anni per sconfiggere la mafia oggi abbiamo potuto farlo in 5 anni, grazie a loro. Gli ultimi cinque anni sono stati per me anni di solitudine, aani in cui le persone cambiavano marciapiede incontrandomi. Oggi invece ci sono ragazzi che vengono ad abbracciarmi.